Abbiamo il piacere di scambiare due chiacchiere con Elisa Batti, sound designer, producer ed artista a 360°, che porta avanti un percorso unico tra sperimentazione sonora e musica elettronica.
Dalla danza contemporanea alla techno underground, ha collaborato con teatri, festival e musei internazionali (Palais de Tokyo, Fusion Festival, Taiwan National Theater, Ballet National de Marseille).
Nel 2018 ha co-fondato l’etichetta Immaterial Archives, con uscite di artisti come Kaiser, VSK e Denise Rabe.
Con un background da ingegnere ambientale ed un dottorato alla Delft University of Technology, fonde scienza ed arte in progetti sempre innovativi.

dB
Ciao Elisa, grazie per il tempo dedicatoci.
Se ti fosse data l’opportunità di descrivere Elisa Batti con la tua musica, quali sono le tre produzioni che potrebbero dare un’ampia prospettiva del tuo profilo artistico?
Elisa Batti
Grazie a voi! Domanda veramente difficile…
Gli farei ascoltare l’EP uscito su One Instrument: The Logic of Chaos, ma anche JORD una traccia pubblicata sull’etichetta Melifera.
Oppure, per restare sulle mie produzioni più ambient e sperimentali, consiglierei direttamente il mio live set uscito su The Memoir per Hypnus Records.
Dalle atmosfere più eteree e sperimentali si può passare all’uscita fatta su Semantica ( Memoria Labile), da cui sceglierei l’ultima traccia: Fugace.
Qui è evidente una sorta di compromesso tra qualcosa di sperimentale ma che resta comunque nell’ambito della musica techno.
E se si vuole fare un giro completo, aggiungerei qualcosa di più dritto, four-on-the-floor e ipnotico come Before the Rain (Qilla Records), oppure qualcosa di più aggressivo come Blue Alkali (24/H Records).
E poi concluderei con una traccia adatta per le chiusure o i set del mattino, come My Imaginary Friend (uscita sulla mia etichetta) che è sognante e veloce.
Ecco, come si può intuire, per me è difficile racchiudere la mia produzione in sole tre tracce. Non mi sento di appartenere a un solo stile, ma penso che, nonostante la varietà, emerga comunque un certo “trademark” sonoro riconoscibile.
dB
Vivi ad Amsterdam, città dove varie culture si fondono, dando sempre nuovi spunti ed ispirazione alla scena musicale
Cosa pensi possa servire alla scena techno italiana?
Elisa Batti
La scena techno italiana riflette, purtroppo, la stagnazione sociale ed economica che l’Italia sta attraversando.
Ci sono realtà bellissime — piccole, spesso, ma con una voglia incredibile di fare — che ho avuto la fortuna di conoscere e con cui collaboro tuttora.
Sono spinte da passione e resistenza, due valori che da sempre appartengono al movimento techno.
Tuttavia, il contesto attorno non sempre favorisce queste energie.
Servirebbero più opportunità per creare spazi, meno oneri burocratici ed un riconoscimento reale del valore culturale ed economico della nightlife — come avviene in molti Paesi del Nord Europa.
In più, sarebbe fondamentale promuovere una maggiore sensibilizzazione sui dancefloor: creare spazi sicuri per chi vive le differenze con le regole imposte dalla società convenzionale — mi riferisco a persone queer, trans, gay — e portare avanti un’educazione consapevole all’uso delle sostanze.
Tutti temi che le realtà indipendenti affrontano quotidianamente, ma che raramente trovano riscontro nella società che le circonda.
I talenti in Italia non mancano, davvero.
Tanti, come me, vivono all’estero. Ma tanti altri restano. Le comunità esistono.
Manca il riconoscimento e la spinta esterna della società per iniziare nuove avventure.
dB
Conoscendo il tuo solido background musicale, siamo curiosi di capire come organizzi il tuo processo creativo quando sei in studio.
Quali sono gli strumenti di cui non faresti mai a meno nella tua musica?
Elisa Batti
In questo momento mi sono data una regola di sopravvivenza: one in, one out.
Cioè, vendo uno strumento che non uso, prima di comprarne uno nuovo che mi interessa.
Per esempio, sto vendendo dei cloni boutique della Roland 303 e 909 per acquistare una Roland TS-8.
Nonostante i costanti upgrade del mio studio, ci sono però delle macchine che non mi abbandoneranno mai: il mio modulare, l’Analog Rytm di Elektron e l’Octatrack, sempre di Elektron.
L’Octatrack è il cuore dei miei live set, il mio centro di controllo.
L’Analog Rytm lo uso per aggiungere linee di cassa, percussioni e suoni strani che danno un tocco un po’ out of the box alle mie produzioni.
Il tocco finale è sempre affidato al modulare, che adoro perché è perfetto per dare unicità alle tracce e mantenere un suono in continua evoluzione anche all’interno della stessa produzione, senza dover ricorrere necessariamente a plugin in post-produzione.
Ma anche, semplicemente, perché adoro perdermi per ore nella creazione di una patch.
Quando produco è uno dei pochi momenti in cui riesco a non staccarmi dalla sedia per ore, dimenticandomi completamente di che ora sia e del mondo fuori.
Il modulare è lo strumento perfetto per questo, perché ogni volta posso immergermi in qualcosa di nuovo.
dB
Sei proprietaria e fondatrice di una label, la Immaterial.Archives.
Da quale idea è nata, quale contributo vuole dare alla musica e cosa ha in programma per il futuro?
Elisa Batti
Immaterial è nata nel 2017 e come credo sia successo a molte etichette indipendenti, è partita dal desiderio di pubblicare la mia musica.
Poi, naturalmente, il progetto si è allargato: dalla voglia di condividere le nostre produzioni si è passati a coinvolgere amici, persone vicine e pian piano si è trasformata in una piattaforma capace di dare spazio a nuovi talenti che risuonano con la nostra visione sonora.
È diventata anche un modo per realizzare dei piccoli sogni personali: poter lavorare con artisti che ho sempre ammirato.
Ricordo ancora quando Oscar Mulero accettò di pubblicare una traccia con noi…appena lessi la mail ero tra lo scosso e l’allucinata. Per me è stata una vera milestone.
Il futuro di Immaterial continua in questa direzione: dare spazio a producers emergenti, ma anche a figure già affermate che rappresentano per noi una costante ispirazione e un riferimento di qualità nella cura del suono.
Porterò avanti anche la serie V Eclipse, dedicata ai/alle flinta producers e vorrei aprire un nuovo filone più orientato verso l’ambient e la sperimentazione.
Quest’ultimo è un progetto a lungo termine — il tempo che ho a disposizione è limitato, quindi non c’è fretta.
Come dico sempre: sono qui per una maratona, non per uno sprint.

dB
Qual è il tuo rapporto con i viaggi e quali spunti creativi ne trai?
Elisa Batti
Adoro viaggiare. Fino ai trent’anni lavoravo praticamente per guadagnare abbastanza da poter partire e, così facendo, ho visto gran parte del mondo.
Poi la carriera ha preso il sopravvento e, pur continuando a viaggiare, oggi cerco di integrare i viaggi con il lavoro oppure li uso come veri momenti per staccare completamente la spina.
Viaggiare mi rigenera.
A febbraio, ad esempio, sono stata sull’isola natale di uno dei miei più cari amici, nei Caraibi.
Stavo attraversando un momento nero: ero bloccata artisticamente, demoralizzata.
Lì ho staccato davvero. E come spesso succede, mentre ero lontana, le delusioni si sono trasformate in buone notizie.
Le porte che avevo trovato chiuse prima di partire si sono aperte da altre parti e sono tornata piena di energia e con nuovi progetti all’orizzonte.
Viaggiare mi riporta a me stessa, mi rigenera e mi dà il giusto distacco dalle cose. A volte è sano e saggio fermarsi, resettare e ricaricare tutto, invece che bruciare a vuoto le ultime energie alimentandole con stanchezza e frustrazione. Così non si va da nessuna parte.
E poi, non dimentichiamolo: viaggiare ti mette in contatto con culture diverse, stili di vita differenti, cibi nuovi… ma soprattutto, musica.
Sono una grande fan della musica locale e folclorica e ogni volta che visito un Paese fuori dall’Europa cerco di immergermi nella sua cultura musicale.
Se invece viaggio in Europa, una visita ai vinyl store della città è d’obbligo.
dB
Ogni club ha delle caratteristiche diverse.
Molti sono pretenziosi, altri ti lasciano fare il tuo lavoro in totale libertà, dimostrando di apprezzare la tua essenza di artista.
Che rapporto hai con il dancefloor e quanto è importante creare connessione grazie ai tuoi DJ set?
Elisa Batti
Per me, la serata è una vera e propria collaborazione tra il DJ e il club.
Io porto la musica, il mio suono e la mia energia, mentre il club si occupa del soundsystem e della comunità che ha creato attorno a sè.
È un lavoro di squadra in cui entrambe le parti sono fondamentali per creare un’esperienza unica. Il mio obiettivo è sempre quello di offrire la musica giusta per ogni momento, ma è il club, con la sua atmosfera, la sua vibrazione e il pubblico, che completa tutto.
Senza una connessione solida tra questi elementi, non c’è vera magia.
È un equilibrio perfetto tra quello che suono e l’energia che si crea nella sala.
La cosa che mi piace di più, essendo italiana e una persona socievole che ama la compagnia, è quando il club ha un team unito e l’artist care funziona.
Arrivare e essere accolti con grandi sorrisi, e poi dopo il set sentire abbracci sinceri, mi fa sentire subito in famiglia. Non c’è niente di più bello.
Creare una connessione con il dancefloor è fondamentale per me.
Non sono una persona che si agita molto al DJ booth, sono sempre concentrata e seria, ma questo non significa che non stia controllando la vibe, cercando di capire dove stiamo andando tutti insieme.
Cioè, quello che cerco di fare è entrare dentro alle persone, catturarle e portarle con me in un viaggio, tutti insieme.
I miei set sono molto intensi, spesso direi mentali, perché cerco davvero di comunicare il mio universo attraverso la musica.
Ti prendo, ti catturo, ti scasso per bene.
Poi ti rimetto giù e ti chiedi… ma dove sono stato? Questo è ciò che voglio creare.
Per me è anche importante essere stata prima di tutto una clubber e aver ballato per tante ore: it’s all about the dancefloor, creare un’esperienza unica per chi è lì per te.
Un viaggio.
dB
Quali sono le tue passioni extra musicali? C’è qualcosa che riesce realmente a distrarti dalla musica?
Elisa Batti
Per me, è essenziale mantenere viva la curiosità e cercare sempre nuovi stimoli.
Le mie passioni extra-musicali sono per lo più legate all’arte.
La danza contemporanea, per esempio, è un mondo in cui ho lavorato per anni, e ogni volta che posso, cerco di assistere ad uno spettacolo.
Allo stesso modo, cerco sempre di visitare nuove installazioni o mostre temporanee nei miei musei preferiti qui ad Amsterdam.
Sono tutte esperienze che arricchiscono la mia ispirazione.
E per staccare davvero, c’è lo sport, in particolare la boxe.
La pratico da dieci anni e ne ho bisogno: passo molte ore seduta e ho tanta energia da sfogare.
Devo muovermi, sudare.
La boxe è perfetta per questo: è uno sport fisico, rough, ma che richiede anche molta testa.

